martedì 25 settembre 2012

MINISTRO BALDUZZI A MANTOVA


VENERDI 28 SETTEMBRE
IL PD OSPITA IL  MINISTRO BALDUZZI
MANTOVA
Il 28 settembre alle ore 21 in Sala degli Stemmi di Palazzo Soardi a Mantova, il Ministro della Salute Renato Balduzzi sarà ospite della Federazione provinciale del PD in un incontro sul tema “La salute tra i tagli e la necessità di risorse”. Con l’intervento dell’On. Matteo Colaninno, deputato PD. Presiede il dottor Vinicio Fiorani,  segretario del Circolo PD “Mantova in salute”.

lunedì 24 settembre 2012

COME I MEDIA RACCONTANO LA CRISI


MARTEDI’ 25 SETTEMBRE
COME I MEDIA RACCONTANO LA CRISI ECONOMICA E DELLA POLITICA

MANTOVA.
 Il Circolo PD Mantova Centro ha organizzato per martedì 25 settembre alle ore 21, presso Hotel Rechigi a Mantova, un incontro con i rappresentanti dei media mantovani dal titolo “Una idea di città: laboratorio politico per la costruzione del programma di governo della città di Mantova”.
Introduce Paola Cortese, segretaria del Circolo PD Mantova Centro. Ne discutono Paolo Polettini, sociologo; Andrea Filippi, direttore del quotidiano “Gazzetta di Mantova”; Antonietta Gianola, responsabile della redazione mantovana di Radio Bruno; Paolo Lomellini, editorialista del settimanale “La Cittadella”; Sabrina Pinardi, direttore di Mantova TV.

ON. MOSCA A RODIGO


GIOVEDI 27 SETTEMBRE
RODIGO
Il Circolo PD di Rodigo organizza per giovedì 27 settembre un incontro pubblico sul tema delle quote rosa. L’appuntamento è alle 18.00 presso il Circolo Arci “Le Betulle” (via 1° maggio 25). Sul tema “Legge 120/2011 - le quote rosa nei Cda. Avanti su questa strada” interverranno l’On. Alessia Mosca, deputata PD, e Ilaria Bernardelli, assessore alle pari opportunità del comune di Pegognaga. Modera il dibattito la giornalista Valeria Dalcore. Introduce il segretario di Circolo Enrico Ambrosini. 

"SICUREZZA A LUNETTA TRA EMERGENZA E PREVENZIONE"


DOMENICA 30 SETTEMBRE
LUNETTA
“Sicurezza a Lunetta tra emergenza e prevenzione”: è il tema che sarà affrontato domenica 30 settembre nella palestra vecchia di Lunetta nell’ambito di un incontro in programma alle 21. Organizza il circolo 5 del Partito Democratico che comprende Lunetta, Frassino, Virgiliana, Formigosa e Castelletto Borgo. Relatore sarà il criminologo Luigi Caracciolo, professore dell’Istituto Fde. Modera Nicola Martinelli. Invitati: Andrea Murari, segretario cittadino del Pd, Francesco Rossi del Forum legalità Pd di Mantova, Claudio Spaggiari del Comitato Peter Pan e Gloria Costani.

PAVESI: PROVINCE E SPENDING REVIEW


PROVINCE
 Ho letto le Bucoliche e la...spending review 
Caro Stefano Scansani,
 ti comunico modestamente che ho letto Virgilio e le Bucoliche , prima da studente e poi da insegnante con altri studenti . Ma ho letto anche la Deliberazione del consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012 ,nonchè la la recente Legge.denominata comunemente "Spendig review", che fissa i requisiti minimi demo-territoriali per il riordino delle Province. Scoprirai le tempistiche, le funzioni ,gli organi, ecc. di quelli che saranno i nuovi enti territoriali e sono come ben saprai vincolanti e inderogabili, forse rinviabili nei tempi di attivazione ma immodificabili. Per inciso ricordo che dal 3.5.1856 , data in cui la Commissione della Camera dei deputati presentava il progetto di riordino dell'Amministrazione provinciale sono passato 150 anni. Da allora a scadenze piu' o meno regolari vi è stato chi ha proposto l'abolizione dell'Ente Provincia, ritenendolo un livello istituzionale intermedio, titolare di competenze e poteri talvolta non bene identificati in quando sovrapponibili a quelle di Regione e Comuni . E' da allora che questo Istituto politico-amministrativo in qualsiasi riforma avanzata e/o anche approvata, sempre è stato messo in discussione e in assenza di quella che definisci" la zuffa delle seggiole, senza la crisi del capoluogo, senza che in città vi siano politici qualunque, senza politici indigeni che bisticciano sui propri orti striminziti , senza una minutaglia politica dormiente e rissosa" . La crisi internazionale che coinvolge anche la nostra Italia e l'esigenza di farvi fronte hanno indubbiamente accelerato il riordino delle Province, intervenendo con misure che intendono essere incisive, finalizzate a garantire una revisione della Pubblica Amministrazione, per migliorare efficienza amministrativa ed in presenza di esplicita richiesta Europea di un forte impegno da parte del Governo Italiano di abolire o fondere strati amministrativi intermedi. E' un percorso avviato, complesso, di non facile attuazione che vede l'ente intermedio di vasta area in linea con terzi livelli di governo presenti in Francia, Spagna e Germania. E' una sfida a cui non ci possiamo sottrarre. L'obbiettivo è la costruzione di ambiti territoriali il più possibile omogenei , diversi dagli attuali e che non devono necessariamente ricoprire i confini amministrativi conosciuti fino ad ora .I criteri che il Governo ha formulato li avremmo voluti meno rigidi. Ma Alfeno Varo Monti Mario, il tecnocrate, verificato che dall'Unità d'Italia ad oggi si è visto il numero delle Province costantemente in aumento, quasi raddoppiato rispetto a quello originario sempre in nome di un "cappello dottorale" locale, ha coraggiosamente dato l'avvio ad un percorso di riforma in linea con il resto dell'Europa. La città capoluogo, la Provincia di Mantova perdera' effettivamente biolche , "cremonizzandosi" se si continua ad insistere nella richiesta di deroghe imcomprensibili, con argomenti risibili presentando la riforma dei terzi livelli dello Stato come il rischio d i"finire in riva ad un fosso di Piadena". Il ruolo di nuovo capoluogo di Provincia non è vero che sarà Cremona, ma sarà bensì determinato da un accordo tra Comuni già capoluogo di ciascuna Provincia oggetto di riordino. E' solo in mancanza di tale accordo che diviene Comune capoluogo il Comune capoluogo che ha maggior popolazione residente. Ecco cosa manca fra Comune di Mantova e Presidenza della Provincia di Mantova: la forza di intenti e di strategie politiche locali da far valere a Cremona o Brescia o altri, manca ed è mancato questo atto di coraggio contrattuale, e mancata la determinazione politica che faccia valere la nostra forza economica territoriale esistente. Questo ha declassato il nostro "essere Mantova" , riducendo, questo sì, il tutto ad una salvaguardia di seggiole. Virgilio resterà sempre il Patrono Laico di queste terre che non hanno bisogno di un novello Varo per distribuire biolche cispadane, ma di leggi di riforma di una Stato obsoleto, farraginoso, con strutture territoriali sovrapponibili, piccole, troppo piccole rispetto ad un'Europa sempre piu' vicina, in un Paese che deve cercare di costruire nuovi assetti degli enti territoriali per offrire servizi efficienti e risposte ai cittadini italiani, senza misconoscere Virgilio, profeta e negromante di queste terre definite nel 1856 Mantovane che non perderà in una riforma i suoi patrimoni e i suoi caratteri culturali inestimabili. Non ho trovato e non troveremo mai nelle Bucoliche, come spendere meno danaro pubblico per riorganizzare trasporti, politiche ambientali, servizi alla persone, sanità, scuole e conseguenti ricerche delle necessarie risorse, gare pubbliche al risparmio,ecc. Ma ad onor del vero non lo trovo neanche nel tuo scritto. La stiamo faticosamente cercando, è una grande sfida a cui non ci possiamo sottrarre. Incuneati e moribondi nel limbo della Mantovanità, di una identità territoriale ed istituzionale, che vede contrapposto Castiglione attratto dal Bresciano e Viadana che brama il Cremonese da sempre con immutatata volontà -memoria, sempre comunque sotto il cappello dottorale di Virgilio che nessuno, fra l'altro vuole miscnoscere o accantonare, ancora si discute se l'IGP del Melone nostrano spetti più all'alto mantovano, o al Viadanese o ancora al destra Secchia, mentre altre Province cercano l'aggregazione, cercano faticosamente la loro via per far funzionare l'integrazione dei servizi a costi minori. Sono d'accordo con te quando affermi che sin da ora "sappiamo quale nomenclatura di responsabili ascrivere a questo capitolo di storia contemporanea". Ed è per questo che" luna calante "di questa" antiquariale ed immeritevole" classe politica nostrana dico la mia per non essere nè ora nè dopo parte colpevole di una mancata nonchè epocale riforma dello Stato . 
Giovanni Pavesi 

SGARBOSSA, CASTELBELFORTE: BASTA CON GLI SPRECHI

 
 
Casse comunali inadeguate ma basta con gli sprechi 
CASTELBELFORTE 
Giusto aiutare chi se lo merita e per tempi limitati. Se la famiglia marocchina non aveva i requisiti per essere sostenuta perché lo si fatto per sei anni?
In riferimento alla recente posizione assunta dal sindaco Bussolini, che invita una famiglia di marocchini a "tornarsene a casa", come Circolo del Partito Democratico di Castelbelforte intendiamo anche noi prendere posizione. Premesso che non è la prima volta che la nostra sindaco esprime atteggiamenti chiaramente razzisti, tuttavia non intendiamo liquidare l'episodio facendo dello sterile moralismo. La questione immigrazione è complessa, e in molti casi risulta difficile trovare posizioni equilibrate, soprattutto se si tratta di spendere denaro pubblico, in periodi di grave crisi economica, quando le casse comunali risultano inadeguate, a causa dei tagli, ma anche per colpa dell'Amministrazione comunale, i cui sprechi sono stati più volte da noi denunciati Ci riferiamo alle spese per gli avvocati, ovvero ad opere eccessive, come le ciclabili piastrellate in porfido, o il centro sociale mai ultimato!. Nella vicenda, il sindaco, nonostante l'atteggiamento inaccettabile, esprime un principio condivisibile: è giusto aiutare chi se lo merita, e per tempi limitati, in attesa di superare difficoltà temporanee. Altrimenti si rischia di scadere in un dannoso assistenzialismo. Tuttavia alcuni aspetti non risultano chiari. Innanzitutto una figura istituzionale non deve essere "buona" e "adottare come figli" alcuni amministrati, ma deve essere "giusta". E per questo occorrono criteri certi. Non la discrezionalità del benefattore, che è inopportuna in capo all'amministratore pubblico che gestisce danaro non suo, ma dell'intera collettività. In altre parole, la famiglia marocchina aveva o no le caratteristiche per essere aiutata? Se, come pare, non le aveva, perché è stata aiutata per ben sei anni? E' evidente che chi (italiano o no) è in possesso di un'abitazione, qualora non riesca a pagare le rate del mutuo, è costretto per prima cosa a vendere la casa. Pertanto, se l'Amministrazione comunale discrezionalmente, ossia senza che fossero presenti i requisiti per poter accedere ai bandi, ha elargito contributi a chi non aveva titolo per ottenerli, ha sicuramente commesso un abuso, e oltretutto un danno nei confronti di chi si trovava nelle condizioni di aver diritto a quei medesimi aiuti. Altra questione è poi la carenza di fondi da destinare alla spesa sociale. Ricordiamo che un recente stanziamento di 4.500 € non è stato consumato per intero, in quanto pochi erano i soggetti con i requisiti necessari per poterne beneficiare: l'Isee (soglia di povertà) a Castelbelforte è ancora fissato a 5.500 euro, mentre da parte di altri Comuni è stato da tempo innalzato a 7.500 euro. E adesso scopriamo che tali fondi servivano in parte per sostenere soggetti che - a detta del sindaco - non avrebbero nemmeno avuto titolo per essere aiutati, e questo risulta ancor più intollerabile se si considera che ad altri nostri concittadini si rispondeva che, pur avendo i requisiti per poter accedere ai buoni sociali, tuttavia non era possibile in quanto mancava la copertura finanziaria necessaria. Come al solito questa amministrazione comunale leghista dimostra non solo tutta la sua inadeguatezza, ma anche una serie di contraddizioni insopportabili. 
Fabrizio Sgarbossa
A nome del Direttivo del Circolo Pd di Castelbelforte
pubblicata sulla Gazzetta di Mantova il 21-09-2012

giovedì 20 settembre 2012

A SAN BENEDETTO INCONTRO SUL FUTURO DELLA CASA DI RIPOSO


SAN BENEDETTO PO. 
Il Gruppo consigliare “Progettiamo il Domani” invita i cittadini all’assemblea pubblica organizzata per lunedì 24 settembre, alle 21 nella sala Arci, per parlare insieme di alcuni temi di interesse sociale. “Quale futuro per i servizi ai cittadini? Nuova gestione della casa di riposo a San Benedetto Po? Quali differenze e prospettive tra esternalizzazione al privato e gestione pubblica”. Interverranno il consigliere regionale Avv. Marco Carra e Alessandro Calanca, esperto di modelli organizzativi e codice etico per Rsa. Sono stati invitati l’amministrazione comunale, i rappresentanti dei sindacati Cgil, Cisl e uil e dei dipendenti della casa di riposo. Il Gruppo consigliare “Progettiamo il Domani”  ha votato contro alle linee di indirizzo per l'esternalizzazione della casa di riposo, per come è stata pensata e gestita dalla amministrazione Giavazzi, poiché non si sono cercate strade alternative alla gestione privata dei servizi e al trasferimento dei dipendenti pubblici, anche eventualmente attraverso una cessione di ramo d'azienda. Si tratta per la maggioranza di dipendenti donne, che passeranno al privato con regole cambiate sulle loro teste e dopo anni di sacrifici e di lavoro serio. 

28 SETTEMBRE MINISTRO BALDUZZI ALL'INCONTRO PD SULLA SANITA'


IL PD PORTA A MANTOVA IL MINISTRO BALDUZZI  PER PARLARE DI SANITA' 

Il 28 settembre alle ore 21.00 in Sala degli Stemmi di Palazzo Soardi a Mantova, il Ministro della Salute Renato Balduzzi sarà ospite del PD in un incontro sul tema “La salute tra i tagli e la necessità di risorse”. Con l’intervento dell’On. Matteo Colaninno, deputato PD. Presiede l’incontro il dottor Vinicio Fiorani,  segretario del Circolo PD “Mantova in salute”.

martedì 18 settembre 2012

20-23 SETT. - FESTA A PALIDANO DI GONZAGA

PALIDANO (GONZAGA)
Dal 20 al 23 settembre torna con la 37° edizione la Festa di Palidano, località del comune di Gonzaga, organizzata dal locale Circolo del Partito Democratico. La manifestazione si svolge presso i laghi Margonara (strada Ronchi 99). Tutte le sere dalle 19.30 e anche domenica 23 settembre a mezzogiorno cucina tradizionale mantovana mantovana nel ristorante all’interno del Circolo Arci. Nel menù tortelli di zucca, risotto con la salsiccia, maccheroni con i fagioli, stinco di maiale, brasato con polenta e grigliata.  Per tutte le quattro serate musica anni 60-70 e ballo liscio con i “Giancarlo Singers Group”.  

MERC. 19 SETT. - DIRETTA WEB


lunedì 17 settembre 2012

FONTANA: "IMU: NOI STIAMO CON I SINDACI"

«Stiamo affrontando il problema della “crisi finanziaria” in cui si trovano stretti i Comuni e abbiamo chiesto al governo di trovare una soluzione adeguata di dare risposte certe perché, a questo punto, si rischia una rottura fra livelli istituzionali dalla portata non calcolabile». Lo dice il segretario provinciale del Pd Massimiliano Fontana in merito al problema dell’Imu scippata agli enti locali. «È necessario che il governo intervenga con particolare attenzione nei confronti dei Comuni colpiti dal terremoto, dove la mancanza di liquidità è legata anche al ritardato pagamento di imposte e tributi, giustamente deciso a favore dei cittadini all’indomani del sisma. Sosteniamo le proposte dei sindaci, tra cui quella della proroga degli adempimenti di settembre che deve essere presa in considerazione per mettere ordine rispetto alla situazione generata dal ministero. Vogliamo che ai Comuni non siano sottratti ulteriori fondi, indispensabili a sostenere il bilancio nel caso in cui l’entità dell’Imu ipotizzata non si traducesse interamente in gettito. Da anni i sindaci denunciano la crisi degli enti locali, sempre più poveri di risorse e sempre meno autonomi nonostante il federalismo fiscale, ed ora i nodi stanno venendo al pettine con il rischio, in alcuni casi, che la mancanza di risorse conduca addirittura all’impossibilità di pagare gli stipendi dei dipendenti. È indispensabile individuare una soluzione adeguata, che restituisca respiro ai bilanci locali».

venerdì 14 settembre 2012

PRANZO DEL TESSERAMENTO A RONCOFERRARO


PRANZO DEL TESSERAMENTO E DIBATTITO
Iscrizioni entro il 20 settembre
 RONCOFERRARO
Domenica 30 Settembre ore 12.30 presso la sede del Centro Sociale “Comitato di Paese” a Villa Garibaldi si terrà il pranzo sociale dei tesserati PD 2012  organizzato dal Circolo PD di Roncoferraro, aperto a iscritti e simpatizzanti. Il pranzo avrà un costo simbolico di 5 euro cui vanno aggiunti i 15 euro per chi intende tesserarsi. Prenotazioni fino al 20 Settembre. Durante la giornata, militanti e simpatizzanti avranno modo di relazionarsi con l’amministrazione comunale e con i vertici provinciali del Partito Democratico nel confronto politico sul tema “Amministrare territori ed istituzioni per promuovere la coesione sociale tra le comunità. I possibili percorsi politici e culturali da intraprendere per essere artefici  di nuovi modelli di sviluppo solidale”. Il tema intende essere spunto per confrontarsi sia sui problemi locali che su contesti più ampi quali la ridefinizione della Provincia e il dibattito inerente alla Grande Mantova. Per informazioni contattare il segretario di circolo Folco Pellicelli 366/1803015. 

giovedì 13 settembre 2012

17 SETT DIBATTITO A VILLIMPENTA SUL FUTURO DELLA PROVINCIA


VILLIMPENTA.
Lunedì 17 settembre a Villimpenta si parla delle prospettive della provincia di Mantova in seguito alla riordino delle autonomie locali in vista dell’assemblea provinciale del PD. L’incontro pubblico, alle 20.30 in sala polivalente, è organizzato dal Circolo PD di Villimpenta. Al dibattito sul tema “Provincia di Mantova: quale futuro? Opportunità o catastrofe?” sono stati invitati la segreteria provinciale, i parlamentari, i consiglieri regionali del PD, la giunta e i consiglieri provinciali, la giunta ei consiglieri comunali di Mantova. Introduce Daniele Trevenzoli, segretario del Circolo PD di Villimpenta.

martedì 11 settembre 2012

BERSANI - LA SFIDA PER IL PAESE


La sfida per il Paese
Il segretario nazionale Pier Luigi Bersani chiude la Festa Democratica nazionale a Reggio Emilia - Testo integrale -

Care Democratiche e cari Democratici,
eccoci qui. Siamo tanti qui e siamo stati tanti, tantissimi, nelle oltre duemila feste che abbiamo organizzato ovunque. Siamo un partito capace di rimboccarci le maniche. Siamo un partito popolare. Siamo un partito libero, senza padroni.

Abbiamo radici in ogni luogo del paese e vogliamo bene alle nostre comunità, ciascuno di noi alla sua. Ma tutti assieme vogliamo bene all’Italia. Le vogliamo bene e tuttavia non ci piace ancora abbastanza. Ci piacerà davvero solo quando sarà garantito il diritto di ognuno di studiare, di lavorare, di aver soccorso nel bisogno, senza discriminazioni e senza mai dover mendicare un diritto con il cappello in mano. E neppure il mondo così come è, ci piace abbastanza. Per la violenza che lo agita, per le guerre e il sangue sparso fino alle porte di casa nostra. La pace può venire solo dalla libertà. Noi siamo amici di ogni donna e di ogni uomo che nel mondo ha la forza di alzarsi in piedi e battersi per la sua libertà e per la sua dignità. Così siamo noi. E sono questi valori che ci fanno più forti delle nostre debolezze. Questi valori sono le radici, i rami e le foglie della nostra pianta. Sono la strada che abbiamo fatto e quella che abbiamo davanti. Questi valori fanno sentire nostra una storia di emancipazione, di progresso, di democrazia, lunga più di un secolo e ci consegnano il compito di essere il partito riformista del secolo nuovo.

Diciamo questo a Reggio Emilia, città simbolo della nobiltà della politica, nel cuore stesso della tradizione nazionale, democratica, e progressista italiana. Città del tricolore, come tutti sappiamo. Ma, aggiungo, città del Gonfalone e del tricolore, della autonomia e dell’unità della nazione. Città della Resistenza, delle battaglie partigiane, città di costituenti: Nilde Iotti, Giuseppe Dossetti. Città del lavoro, della lotta per l’emancipazione delle terre, per la dignità del mondo operaio, per lo sviluppo armonico di uno straordinario sistema di imprese.

E Reggio Emilia, città di oggi, che ancora ci stupisce per come economia e società riescano a darsi la mano sulle frontiere del futuro: l’educazione dell’infanzia, l’integrazione dei nuovi italiani.

Grazie dunque, Reggio Emilia. Grazie al tuo Sindaco, agli amministratori di tutta la provincia, grazie allo straordinario partito di Reggio Emilia, alla federazione del PD e a tutti i circoli che si sono impegnati in questa festa. E grazie ancora una volta ai volontari che con uno sforzo immenso hanno saputo ripetere il miracolo e ci hanno regalato il più grande appuntamento di popolo che si svolga in Italia. Grazie ai volontari di tutte le nostre feste, piccole e grandi. Un ricordo commosso per Gabrio Maraldi, grande e amatissimo amministratore del Comune di Ravenna, morto sulla festa, alla fine del suo impegno di volontario nelle cucine. E un abbraccio ai suoi amici e compagni di una vita che, asciugate le lacrime, hanno voluto continuare il lavoro.
Molti non lo sanno, ma poco lontano da qui, nei paesi del terremoto, si sono comunque tenute alcune feste del partito democratico. Una cosa incredibile e commovente. Così come incredibile e commovente, dentro l’impegno di tutti e che va riconosciuto a tutti nella tragedia del terremoto, è stato l’impegno, lasciatemelo dire, dei nostri militanti, delle nostre organizzazioni di partito, dei nostri amministratori di comuni, province e regioni. Davanti ad un compito enorme: la drammatica emergenza, il primo riparo, le nuove scosse, la nuova emergenza, e quindi le verifiche di agibilità, gli interventi di messa in sicurezza, i ripristini; e normative nazionali e regionali da allestire, i criteri delle operazioni da avviare, le regole per le gare, per le verifiche, per tener fuori la mafia; reti istituzionali da attrezzare e da ricomporre a cominciare dai comuni. Stiamo parlando di quarantamila case, di tremila aziende per trentasemila lavoratori, di quattrocento scuole danneggiate per diciottomila studenti. Si è fatto un lavoro enorme e c’è ancora un lavoro enorme e molto lungo da fare; ci sono difficoltà, problemi, questioni non risolte. Le popolazioni soffrono ancora e devono sentire tutto il nostro affetto e la nostra solidarietà. Ma da ottobre nei comuni del terremoto si tornerà a scuola, tutti i bambini e le bambine, le ragazze e i ragazzi torneranno a scuola. Si è partiti da lì, dalla scuola. Non è questo il più grande segno di fiducia? 

L’Emilia colpita risorgerà, risorgerà come era prima. Qui non ci saranno new town. Torneranno abitabili le case, si ricostruiranno le scuole, le fabbriche e i laboratori torneranno a produrre, i centri storici risorgeranno. E lo faremo con rigore, con serietà. Sarà un lavoro fatto in casa, come usa qui, senza poteri esterni o lontani, ma nella trasparenza, nella partecipazione, con i poteri democratici locali al comando. Faremo vedere ancora una volta che l’efficienza è figlia di una buona democrazia!
Care Democratiche e Democratici, Cari amici e compagni,

tutta la grande area dei democratici e progressisti italiani, fatta di tante teste ma di un solo cuore, è di fronte oggi ad una scelta dirimente, ad una scelta storica. Il passaggio che abbiamo davanti è un passaggio d’epoca per l’Europa e per l’Italia. È tempo di uno sguardo largo e profondo sulle cose. C’è un grande cambiamento in corso e questo cambiamento si accompagna per l’Italia alla fase più difficile della storia repubblicana. Per la prima volta il Paese vive un processo di impoverimento, mentre la democrazia repubblicana soffre di un indebolimento pericoloso. Ecco allora la semplice e drammatica domanda. Siamo pronti noi, Partito Democratico e noi democratici e progressisti italiani, con i nostri valori di uguaglianza, di civismo, di libertà; siamo pronti a prenderci la responsabilità di governare l’Italia nel suo momento più difficile? È questo che vogliamo, con convinzione, proporre agli italiani? O invece vogliamo sottrarci, vogliamo scansare? O invece ci spaventa scalare la montagna? Ve lo dico col cuore: chiariamo bene questo prima di metterci in marcia. È una domanda vera, quella che faccio. Ci sono mille modi, anche dal lato delle culture democratiche, per sfuggire a questa responsabilità. Li conosciamo. Sono i modi dell’ambiguità e degli eterni distinguo, della divagazione, della testimonianza purista che non conosce mediazione, o sono i modi di quel massimalismo che salva la coscienza e allontana il calice amaro delle responsabilità e dei doveri. Io dico che se i riformisti italiani si sottraessero oggi all’appuntamento più difficile non avrebbero diritto ad averne altri.

Dunque, diremo al Paese che vogliamo prenderci le nostre responsabilità. Diremo al Paese che conosciamo il nostro compito: farlo uscire da un destino di arretramento e farlo uscire con meno disuguaglianza, con più lavoro e con una democrazia funzionante e pulita. E diremo al Paese che non sarà il compito di un giorno, che ci vorrà una riscossa collettiva che vada oltre la politica, e che non ci tremerà il polso davanti alle difficoltà e ai problemi. Rimetteremo in cammino la fiducia, rimetteremo in cammino una idea di futuro senza sbandierare favole o miracoli e mettendoci invece a muso duro contro gli imbonitori, i venditori di fumo che porterebbero il Paese alla catastrofe. 

Sarà un confronto aspro e incerto, quello dei prossimi mesi. Per tagliare la strada ai riformisti si muoveranno forze antiche e nuove o travestite “di nuovo”, che si stanno già muovendo, in realtà. L’atmosfera potrà farsi pesante, le acque si faranno torbide. Ne abbiamo chiari segni, addirittura attorno al presidio più alto di tenuta delle istituzioni. Attorno al Presidente della Repubblica. Attorno ad una istituzione cruciale per l’equilibrio del sistema ed attorno ad un uomo integro, attorno a Giorgio Napolitano, che saluto da qui con tutta la nostra gratitudine, la nostra stima, il nostro affetto. 

Non passeranno. State certi che non passeranno. Ma ci vorranno tenuta, convinzione, grinta. E ci vorrà un’idea forte di cambiamento. Noi ci metteremo dal lato del cambiamento. Dal lato del cambiamento, ma con tutti e due i piedi nei valori della nostra Costituzione, la più bella del mondo. Noi porteremo l’Italia all’incontro con le forze migliori del progressismo europeo e metteremo le nostre idee nella piattaforma comune dei progressisti europei. Non c’è destino fuori dall’Europa ma l’Europa così non va. È dall’Europa che comincia la battaglia di cambiamento. E’ questo che ci ha detto il Presidente Napolitano in un grande discorso due giorni fa.

Care Democratiche e cari Democratici, 
io credo che agli storici di domani basteranno poche righe per riassumere il senso delle convulse cronache europee, il senso di quel che è avvenuto in Europa dagli anni 90 in poi. Quelle righe diranno di un modello sociale europeo, scosso violentemente dalla globalizzazione di fine millennio. Diranno del ripiegamento politico e culturale e della reazione di chiusura che da sempre accompagnano i fenomeni di globalizzazione. Diranno di una destra politica e di insorgenze populiste che nel primo decennio del secolo hanno interpretato quel ripiegamento, vincendo ovunque; forze che si sono inchinate, in economia, ai mercati finanziari internazionali ed al tempo stesso hanno accumulato consenso smerciando egoismo, illusorie barriere nazionali, territoriali, corporative e perfino nuovi razzismi. E quelle poche righe di storia diranno purtroppo di forze democratiche e di tradizioni progressiste ferme sulle gambe, scosse, indebolite, prese nel mezzo fra nobile conservazione e subalternità a ricette di altri. Così siamo arrivati all’oggi: è stata quella regressione, che ha preso spinta dall’euro in avanti a partorire “il pasticcio del decennio europeo” come lo ha chiamato Amartya Sen. Il decennio delle destre e dei populismi, un decennio che ancora non è spento, che vive ancora. E’ stata quella regressione che ha reso impotente l’Europa davanti all’esplosione della crisi finanziaria e che ancora oggi la fa balbettare. Un continente che balbetta. Un continente che è ancora la più grande piattaforma economica del mondo. Un continente protagonista della civilizzazione del mondo; un continente che ha mostrato al mondo come si cancellano le guerre dalla storia, e che ha mostrato al mondo come si può trovare un buon equilibrio fra economia e società, quel continente oggi diventa un problema per il mondo. Perché? Perché dopo quegli anni, davanti alla crisi, si è trovato orfano della sua vera anima: la grande idea di un destino comune, la solidarietà, la generosità di un progetto comune, di un orizzonte da guardare assieme con gli occhi dei cittadini europei, delle opinioni pubbliche europee e non solo delle burocrazie europee. I vertici, le riunioni, le dichiarazioni autorevoli e ambigue non sono bastate e non bastano a colmare quel vuoto profondo. E non porta nulla litigare sulle ragioni e sui torti. Non è forse vero che i paesi oggi più in difficoltà hanno perso l’occasione dell’euro per ridurre il peso dei debiti e fare riforme? È vero. E questo da noi ha un nome e un cognome: Silvio Berlusconi e compagnia. E non è forse vero d’altro lato, che la Germania, certo avendo fatto le riforme, ha comunque guadagnato più di ogni altro paese dall’euro? Anche questo è vero. E non è forse vero che alla lunga nessuno si salva da solo, nel mondo grande e nuovo. Nemmeno i paesi più forti? È vero ma non basta più spiegare quel che è vero. Se si spegne la luce del destino comune, si diventa tutti ciechi, si perde la strada e ognuno pensa che al buio quello più debole di lui gli frugherà nelle tasche, gli ruberà qualcosa. Bisogna dunque accendere la luce di una prospettiva nuova, fermare la deriva, invertire la strada. È questo il compito culturale e politico dei progressisti europei. E non è una utopia per il semplice fatto che l’alternativa è il disastro. Per noi il sogno di Spinelli non è morto. Noi lavoriamo per gli Stati Uniti d’Europa.

È questo il messaggio che in queste settimane porteremo all’incontro con i leader progressisti europei continuando il lavoro che abbiamo cominciato assieme. Noi Progressisti Europei dobbiamo dire a piena voce quello che vogliamo, dire quale è il primo passo sulla nuova strada e dire anche dove deve portare la nuova strada. Il primo passo è rompere la spirale fra austerità e recessione. Dentro a quella spirale la crisi economica e finanziaria si aggrava, il distacco cresce, la democrazia si ammala. Il debito non è la causa della crisi ma in buona misura ne è una conseguenza. Nessun paese sottoposto a cure massacranti può davvero migliorare i conti. Il rigore è una condizione assolutamente necessaria, ma non è l’obiettivo. L’obiettivo è un’economia reale che cammini. In altre parole l’obiettivo è il lavoro. Su questo le proposte concrete dei progressisti ci sono, proposte che allentano quella spirale e allo stesso tempo rafforzano il patto comune fino a portarlo ad una vera unione economica e fiscale.

Proposte di corresponsabilità nelle politiche di bilancio e nel governo degli spread, proposte per promuovere investimenti, interventi per la regolazione della finanza, che deve pagare un po’ di quel che ha provocato, non deve più avere licenza di uccidere, deve mettersi a servizio e non a comando delle attività economiche e produttive. Ma allora, lungo la strada del rafforzamento del patto comune c’è un appuntamento che non si può più evitare e che riguarda la democrazia europea. Una ridefinizione della sovranità e della rappresentanza a cominciare dai paesi dell’euro. La questione non è cedere sovranità. Di quale sovranità parliamo? Non ce la stanno forse prendendo i mercati, la sovranità? Altroché “padroni in casa propria” come continua a dire Tremonti. Padroni di che? La questione è come riprenderci effettiva sovranità diventando di più cittadini europei e portando la democrazia ad una dimensione nella quale sia davvero possibile controllare i grandi fenomeni del nostro tempo. E allora noi proporremo che a compimento degli interventi contro la crisi e dell’impostazione del nuovo patto fiscale, all’appuntamento del prossimo Parlamento europeo, si lanci una fase costituente, una Convenzione per un nuovo Trattato che rafforzi il processo unitario europeo e il suo assetto democratico. I progressisti europei e il nuovo governo italiano dovranno farsi protagonisti di questa iniziativa e cioè di un rilancio coraggioso e ineludibile della prospettiva europea e proporre un nuovo patto costituzionale fra le grandi famiglie politiche e i paesi europei; e su questo combattere davvero e non lasciare più, davanti alle opinioni pubbliche l’iniziativa a chi lavora a rovescio verso la disgregazione.

Questa grande prospettiva non ci esime dalle urgenze di oggi. Ci sono appuntamenti dirimenti in questo mese a livello europeo. Dopo l’esito di riunioni e di vertici politici difficili da interpretare, quasi fossero scritti sulle foglie della Sibilla Cumana, in questi giorni finalmente la BCE ha detto parole chiare. Ma altre parole chiare devono venire a cominciare dai Governi europei. Le incertezze ci sono ancora. Siamo di fronte davvero ad una fase di stabilizzazione, di alleggerimento del costo del debito e dei suoi rischi? O invece i mercati vorranno forzarci a chiedere un aiuto di cui non conosciamo le condizioni? E’ forse questo che si vuole? Né Monti né noi abbiamo mai posto la questione in termini di aiuto. L’abbiamo posta nei termini di una coerente difesa comune dell’Euro e senza mai rifiutare la disciplina di politiche rigorose e condivise. Non abbiamo dubbi che davanti a questi interrogativi cruciali il Governo vorrà promuovere e condividere una risposta nazionale, alla quale intendiamo contribuire tanto in Italia quanto nelle sedi politiche ed istituzionali europee. 

Care Democratiche, Cari Democratici,
l’Italia di Berlusconi, di Bossi e di Tremonti, l’Italia della destra è stata una vera protagonista della disarticolazione dell’Europa. Una protagonista dell’euroscetticismo, del ripiegamento politico e mentale, della irresponsabile produzione di una cultura tutta domestica, secondo la quale ognuno fa il furbo a casa sua e tutti assieme, a Bruxelles, si sorride in una inutile foto di gruppo. La destra italiana ha picconato la prospettiva europea e ha messo in ginocchio il nostro paese. La destra ha portato l’Italia dove non doveva essere. Nel punto più esposto della crisi, sull’orlo del precipizio. Non dovevamo essere lì, non c’era ragione che fossimo lì. C’è una responsabilità storica del berlusconismo e del leghismo. E lasciatemelo dire: una responsabilità di tutti coloro che per anni si sono voltati dall’altra parte e hanno finto di prendere per buone le castronerie di imbonitori prepotenti e rozzi, e lo hanno fatto per opportunismo o per non pagare dazio, sperando che i buchi nella nave facessero bagnare solo la terza classe. Nei lunghi anni della destra tutto, ma proprio tutto, è peggiorato e si è aggravato. Sfregiato il nostro volto nel mondo, indeboliti l’economia e la società, il lavoro, l’impresa; pregiudicata la stabilità dei conti; corrosi nel profondo lo spirito civico, la credibilità delle istituzioni e della politica, il riconoscimento delle regole, il rispetto per il diverso, la dignità della donna, valori di solidarietà e di uguaglianza. E’ stata messa a rischio l’idea stessa di comunità nazionale e di unità del nostro Paese. La civiltà del confronto è stata deformata, facendo di una persona sola, del suo potere, dei suoi interessi, delle sue abitudini, il centro della discussione pubblica e della vita del Paese. Noi rivendichiamo il merito, che non è solo nostro, ma è in grande parte nostro, di aver fermato quella deriva ad un passo dal precipizio, mandandoli a casa. Abbiamo consentito e sostenuto una transizione verso un’altra prospettiva, e lo abbiamo fatto e lo facciamo caricandoci di una responsabilità non nostra, senza poter fare quello che vorremmo fare ma facendo invece quello che dobbiamo fare, in nome dell’Italia che è davanti ad un vero pericolo. 
Il Governo Monti ci ha ridato dignità nel mondo e ci ha tenuti fuori dal baratro. Il Governo Monti lavora in condizioni molto difficili, con un Parlamento in cui il rapporto di forza è lo stesso di prima, e con le mani legate dal patto disperato che Berlusconi e Tremonti hanno dovuto stringere con l’Europa, nell’assenza di ogni credibilità politica e di ogni risultato di riforma. 

Voglio dirlo qui, davanti a tutti voi. La nostra parola verso il governo Monti è stata, è e sarà: lealtà. Una parola che dice l’onestà del sostegno e dice anche della franchezza delle nostre idee e delle nostre posizioni, in quel che ci piace e non ci piace, in quel che faremmo o faremo diversamente. 

Noi trucchi non ne facciamo, imboscate non ne facciamo, ricatti non ne facciamo. Siamo anzi a chiedere, con ogni forza, che Monti non ceda ai quotidiani ricatti altrui. Noi diciamo la nostra e diamo il nostro contributo fin dove i numeri ci consentono di arrivare. Noi diciamo da qui, all’Europa e al mondo, davanti a mesi cruciali, che garantiremo la stabilità del governo Monti. E tuttavia parliamo senza ambiguità della prospettiva delle elezioni, sempre naturalmente che Moody’s o Standard and Poors non ce le aboliscano sostituendole con una consultazione fra banchieri. E chiediamo: ma qualcuno pensa davvero che noi si possa stare dentro la moneta comune e fuori dalla comune democrazia europea? Pensiamo di essere figli di un Dio minore e di non poter fare ciò che tutti gli altri fanno e cioè di chiedere agli elettori di indicare partiti e maggioranze univoche e coerenti per governare? O pensiamo al contrario di essere figli di un Dio maggiore e di proporre anche agli altri le nostre eterne e fantasiose ricette eccezionali. No. Qui non si tratta di misurare il tasso di presenza tecnica in un governo. Non si tratta di questo. Qui si tratta di riconoscere o no le fondamenta basiche di una democrazia. Le elezioni, dunque. Tocca agli italiani, solo agli italiani e a tutti gli italiani decidere chi governerà. Noi siamo pronti a prenderci le nostre responsabilità davanti all’Italia e al mondo. Con parole chiare. Noi consideriamo la credibilità e il rigore che Monti ha mostrato davanti al mondo un punto di non ritorno. Ma vogliamo metterci dentro più lavoro, più uguaglianza, più diritti. Questo è quello che vogliamo. E non è per noi in nessun modo in discussione quell’asse europeista e di collocazione internazionale che tutto il mondo ha visto nei governi Prodi, D’Alema, Amato e nell’azione di Ciampi, di Visco, di Padoa Schioppa. Quella è la nostra fondamentale ispirazione, il grande asse di una politica dentro al quale aggiorneremo, nella nuova situazione, le nostre proposte e la nostra iniziativa.

Parole chiare, le nostre, e impegni seri. E idee nuove, nella nuova condizione dell’Europa e del nostro Paese.
Noi vediamo la sofferenza degli italiani. Chi dice che siamo fuori dalla crisi è un irresponsabile, non sa quel che dice. La sofferenza degli italiani è grande. La vediamo. Vediamo come si spenga la speranza di lavoro dei giovani, vediamo la condizione di chi il lavoro lo perde o teme di perderlo. Vediamo l’ansia di artigiani, commercianti, imprenditori che sentono sfumare o sentono a rischio gli sforzi di una vita. Vediamo pensioni e salari di milioni di persone che si assottigliano e non bastano, davanti a prezzi che salgono, a bisogni familiari che crescono mentre la rete sociale perde colpi, i comuni sono indeboliti e le disabilità e le povertà estreme perdono aiuto. Non bastasse, a tutto questo si aggiungono scelte sbagliate che mettono in difficoltà e a volte nel dramma persone e famiglie, come quelle che si vedono oggi catalogate nella nuova categoria degli esodati, una categoria piena di incredibili ingiustizie che vanno assolutamente sanate. Al Sud gli antichi mali si aggravano, al Nord arrivano problemi che non si erano mai visti. E tuttavia restano ovunque privilegi, ci sono ricchezze che ogni giorno fuggono, rifiutando la solidarietà. Ricchezze che fuggono, povertà che restano. La grande criminalità può crescere in silenzio, nuotando come pesce nell’acqua della lunga crisi. C’è troppa solitudine, c’è troppo silenzio attorno ai bisogni. Quelli che pagano di più la crisi non sono protagonisti: diventano una cifra per la ragioneria dello Stato o per l’Istat. E la loro impressione è che tutto il resto non cambi, che chi è al riparo non venga scomodato, non solo nelle sue condizioni ma perfino nelle sue comode abitudini. Come stupirsi allora dell’estendersi del disamore, della sfiducia, della rabbia verso tutto e verso tutti? E come sempre succede, con il disamore di chi ha ragione di protestare si confonde il frastuono di chi grida per difendere il suo privilegio, di chi non vuole dare un capello per alleggerire le condizioni di tutti. E grida, e grida perché la miglior difesa è l’attacco! Tutto questo lo vediamo ma non c’è solo questo. Vediamo anche le enormi vitalità, vediamo le risorse morali ed economiche del paese, vediamo l’onestà e il civismo, vediamo anche nella crisi la forza buona della creatività e del saper fare italiano che difende il suo posto nel mondo. Sono energie che hanno bisogno di uno spiraglio di fiducia, di reazione, di riscossa. È questo il punto di leva per ripartire! L’Italia ce la farà! È questa la nostra convinzione. L’Italia avrà il suo posto nel mondo nuovo e darà un futuro alle nuove generazioni.
Con questa certezza noi, con tutti i progressisti italiani alziamo la bandiera della ricostruzione e del cambiamento, alziamo la bandiera di una riscossa italiana. 

A Reggio Emilia prendiamo il nostro impegno, da Reggio Emilia lanciamo la nostra sfida. Fin qui, dentro a questo rapporto di forze, si è vista chiara comunque la nostra responsabilità. Con il nuovo rapporto di forze che chiederemo, con la maggioranza al partito democratico e a un centro sinistra di governo si vedrà il cambiamento. Il cambiamento, a cominciare dalla politica, dalle istituzioni, dai diritti, dalla nostra democrazia. È difficile cambiare finché i numeri ce li hanno quelli che non vogliono cambiare. A cominciare dalla questione cruciale della sobrietà della politica. Si dica finalmente la verità. Quel che si è fatto fin qui, dall’abolizione dei vitalizi al dimezzamento del finanziamento ai partiti, lo si è fatto su proposta e iniziativa nostra. Quel che non si è potuto fare e si dovrà fare, a cominciare dalla riduzione del numero dei parlamentari, non lo si è fatto perché gli altri hanno ribaltato il tavolo. Questa è la verità. E non accettiamo più, ad esempio, che parlando di legge elettorale si dica: la politica non riesce a cambiare. Non esiste “la politica”! Esistono le forze politiche, e ce n’è una, la nostra, che ha consegnato nel tempo la sua proposta e che ha reso trasparenti anche i punti di un possibile compromesso. I paletti che abbiamo messo a quel compromesso non riguardano i nostri interessi. Riguardano l’Italia. Che la sera delle elezioni si sappia chi può governare, interessa o no l’Italia? E che un cittadino possa aver voce nel scegliere il suo parlamentare, riguarda o no l’Italia? E che si affermi la parità di genere, o che non si possano inventare dalla sera alla mattina dei finti gruppi parlamentari, interessa o no l’Italia? Non si dica dunque: la politica! Non si metta tutti nel mucchio. E si riconosca finalmente, anche per il futuro, che la garanzia per le riforme può venire solo dalla presenza di una maggioranza riformatrice, univoca e determinata. E’ questo che ci manca! Noi chiederemo quella maggioranza agli italiani e ci impegneremo al cambiamento. Le cose da fare le sappiamo. Non c’è ragione, ad esempio, che non ci sia una rigorosa legge sui partiti. Non c’è ragione che un parlamentare o un consigliere regionale guadagnino più di un sindaco; e a partire di li non c’è ragione che in tutti i campi non ci sia un limite a retribuzioni o compensi scandalosi; e ancora, non c’è ragione che con un gioco da ragazzi si manovrino prezzi che impoveriscono le tasche di milioni di cittadini; altrettanto non c’è ragione che vengano ancora negati ai cittadini diritti basici, tradendo il terzo articolo della nostra Costituzione; che si neghino diritti a persone con disabilità, che si neghi agli omosessuali italiani il diritto all’unione civile o ad una legge contro l’omofobia, che si neghi alle donne una democrazia paritaria, che si lascino le donne nell’universo di stereotipi antichi, nella prigione di pratiche discriminatorie o perfino in balia della violenza domestica. E non c’è ragione che vengano negati nei luoghi di lavoro diritti di partecipazione e diritti sindacali. Non c’è ragione di tutto questo e di altro ancora. E su tutto questo l’esigenza di rispondere ad un appuntamento di sistema. Da decenni l’Italia è bloccata dall’impossibilità di produrre un ammodernamento della sua democrazia, e cioè una riforma vera e organica della seconda parte della Costituzione. Una riforma sempre promessa e sempre finita in un vicolo cieco. Governo, parlamento, autonomie e federalismo, regole di base nuove per la pubblica amministrazione. Un grande progetto di cambiamento su cui abbiamo le nostre idee per una nuova fase di vita della Repubblica che si tenga saldamente nei valori fondamentali della nostra Costituzione. Dopo tante disillusioni sappiamo bene che non basterà dire: la facciamo, una vera riforma delle istituzioni. Gli italiani di impegni generici ne hanno sentiti già troppi. Dovremo dire come la facciamo! Io dico che in coerenza con la proposta di una fase costituente europea, la nostra prossima Legislatura dovrà essere davvero costituente ed esordire allestendo uno strumento, a base parlamentare, che abbia il compito di redigere una riforma della seconda parte della Costituzione; uno strumento che, questa volta, garantisca per forza di norma la certezza dell’esito. Ecco allora, amici e compagni: noi cominceremo da lì, dalla democrazia e dal civismo, perché senza democrazia e civismo nuovi non potrà esserci risposta economica e sociale. E cominceremo da cose che si capiscano. Se tocca a me si comincia dal primo giorno col chiamare italiani i figli di immigrati che studiano qui e che oggi non sono né immigrati né italiani; si comincia (se non ce lo fanno risolvere adesso come fermamente vogliamo) rendendo ineleggibili corrotti e corruttori e andandogli a prendere il maltolto, come per i mafiosi e introducendo e rafforzando il falso in bilancio; si comincia non accettando più che la Fiat o l’ENI possano prendere miliardi di finanziamenti dalle banche senza andare dal notaio mentre una famiglia che si fa il mutuo per la casa deve lasciare dal notaio qualche migliaio di euro, e si comincia decidendo che ogni euro ricavato dall’evasione fiscale andrà al lavoro, all’impresa che investe, al welfare. E così via, con cose che si capiscano e che parlino finalmente di un’Italia diversa, di un’Italia che cambia. Un cambiamento per la democrazia, dunque, e un cambiamento per l’economia e la società.

Non ci potrà essere riconciliazione fra società e democrazia, se non ci sarà lavoro, lavoro vero e dignitoso, lavoro che non sia devastato dalla precarietà, lavoro che abbia voce, che abbia il diritto di esprimersi e di partecipare. Così ci disse il Cardinal Martini poco prima di andarsene dalla diocesi di Milano. Il lavoro di tutti, in particolare dei giovani e delle donne. Noi oggi, in questa crisi gravissima, difendiamo il lavoro e difendiamo i presidi produttivi minacciati. Da Reggio Emilia la nostra solidarietà e il nostro sostegno a tutti coloro che difendono il loro lavoro e a tutti gli imprenditori che si impegnano a far vivere la loro impresa. Noi saremo con l’impresa che dà lavoro, che investe, che accetta la sfida. Industria, agricoltura, artigianato, servizi, pubblica amministrazione: investire, recuperare innovazione e produttività, creare lavoro: questo è l’impegno. Fermare la recessione, allargare la base produttiva: questa è la sfida. Ogni nostra proposta ha e avrà una logica: l’Italia faccia l’Italia e porti nel mondo nuovo il suo antico saper fare, il suo gusto e la sua inventiva, la sua flessibilità; l’Italia porti tutto questo sulle frontiere di oggi: le tecnologie, l’agenda digitale, la qualità, l’efficienza energetica, l’ambiente, il territorio, la produzione culturale. Useremo in ogni campo le leve delle politiche industriali e della ricerca che sono abbandonate da anni. Proporremo alle forze economiche e sociali patti concreti, esigibili, verificabili, fuori da ogni inutile rito. Cambieremo l’agenda del paese portando l’attenzione sulle condizioni concrete di vita e di lavoro degli italiani. Le risorse ci verranno dal controllo della spesa corrente, sì; dallo smobilizzo di patrimoni pubblici, sì; dai margini che dovranno venire da un diverso costo del debito e dalla sua riduzione, sì; ma in particolare dovranno venire da una chiara e più coraggiosa politica fiscale che sposti il carico sull’evasione, sulle rendite e sulle maggiori ricchezze a favore del lavoro, degli investimenti che generano lavoro, a favore della fondamentale rete sociale e dei consumi della parte più debole della popolazione e di un ceto medio che la destra ha impoverito. Chiederemo aiuto e protagonismo agli enti locali, che per noi, l’ho detto mille volte, non sono la malattia ma parte della possibile medicina e che dovranno essere messi in condizione di produrre gli essenziali presidi sociali e una politica di investimenti diffusa. La nostra idea fondamentale è questa: produrre oggi più uguaglianza significa produrre una ricetta economica. Con le cure della destra, noi stiamo diventando uno dei paesi più diseguali al mondo! Una forbice di redditi e di condizioni troppo ampia soffoca l’economia e distrugge lavoro. Una migliore distribuzione la puoi fare certamente col fisco, ma la fai prima di tutto garantendo una base di servizi universalistici: la scuola, la sanità, le prestazioni sociali di base, la sicurezza, la giustizia. Pensiamo forse di darci un futuro nel mondo nuovo accettando in tante aree del paese una paurosa dispersione scolastica e, ovunque una riduzione e una selezione per censo delle iscrizioni all’università? O pensiamo che sia un risparmio fare a poco a poco una sanità per i ricchi e una per i poveri? O pensiamo che ci possa essere crescita con una giustizia che non è in grado di funzionare per il cittadino comune e per le imprese? Sappiamo bene che dobbiamo garantire la sostenibilità economica di questi grandi servizi. Non lo spieghino a noi, per favore! Ma il nostro modo di fare le riforme non è il loro; in questi lunghi anni si sono chiamate riforme delle vere picconate al welfare. Dunque, nelle disuguaglianze e nei divari inaccettabili del nostro paese c’è anche la traccia per una via d’uscita. Quale vantaggio ha portato al nord in questi anni aver cancellato dal vocabolario e dalle politiche la parola mezzogiorno? Quale vantaggio? L’Italia tutta, a cominciare dal nord, è sempre cresciuta in Europa quando il divario diminuiva. Adesso il divario aumenta e questo in realtà è lo spread reale più preoccupante per il nostro destino europeo. A Lamezia Terme, a fine mese, avanzeremo proposte nuove per il sud e per l’Italia e dimostreremo lì che non è solo questione di soldi (soldi che comunque non sarà più possibile rapinare per pagare le multe degli evasori delle quote latte!). Dimostreremo che le riforme che fanno bene all’Italia fanno bene anche al sud; e che sono i principi di civismo, di cittadinanza, e di legalità le risorse per una riscossa nazionale. Lo diremo due anni dopo l’uccisione di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore, ribadendo la nostra vicinanza con tutti quelli che sono sul fronte più esposto della criminalità e delle mafie: amministratori, magistrati, imprenditori, cittadini comuni. E parleremo da li della sponda mediterranea dell’Europa, che l’Europa dimentica. Di qua noi, di là un mondo che affronta incredibili novità; in mezzo un mare silenzioso che nasconde migliaia di morti: uomini, donne, bambini annegati cercando la vita, anche in questi giorni. Spesso lo abbiamo sentito ma non sempre abbiamo ascoltato davvero quello che ci cantava Lucio Dalla. Ci cantava: “Gli angeli sono gli uomini più poveri e più soli, quelli presi tra le reti”. Quelli presi tra le reti. Cancelliamo dunque questa vergogna, lanciamo un ponte di collaborazione economica, culturale, democratica. Facciamo del sud la cerniera di un’Europa che cerchi anche al sud il suo futuro. E non accettiamo più la strage di chi cerca la libertà e l’abbandono di chi cerca rifugio. Come in Siria. Si imponga una tregua alle armi, si aprano corridoi umanitari, si assistano i rifugiati, se ne vada il dittatore. Milioni e milioni di persone in tutto il mediterraneo del sud, in tutto il Medio Oriente aspettano una voce più forte dell’Europa e dell’Italia perché in quel paese la strage sia fermata. Facciamo anche noi sentire da qui la nostra voce di sdegno e di solidarietà. 

Cari amici e compagni, 
sulla base di tutto quello che ho detto fin qui, il nostro appello largo e generoso si rivolge a tutte le forze politiche e civiche del grande campo progressista che siano disposte a prendersi le loro responsabilità davanti alla sfida più difficile. Ancora mesi duri davanti a noi; grandi difficoltà sociali, rischi ulteriori di distacco e di spaesamento; e mesi tuttavia che preparano un appuntamento elettorale decisivo; mesi nei quali coloro che non ci vogliono non si risparmieranno nulla, non lasceranno nulla di intentato. Questo dobbiamo saperlo. Ci prenderemo un impegno per il governo del Paese, un impegno che questa volta non potrà tollerare nè incertezze nè ambiguità nè divisioni. La nostra Carta di Intenti, che vi invito a leggere e a far leggere, propone patti chiari ed esigibili davanti ai cittadini e solleva con forza una parola: responsabilità. Il nostro percorso sarà un percorso aperto e democratico. Noi costruiremo la governabilità a partire dalla partecipazione attiva e vera dei cittadini. È questo il senso della nostra proposta di riforma della politica. E’ questo anche il senso delle primarie dei progressisti. Dal primo giorno ho detto: se toccherà a me non metterò mai il mio nome sul simbolo. Dal primo giorno abbiamo detto: la trasparenza e le regole democratiche di ogni singola forza politica sono un patrimonio di tutti, che deve essere esigibile da tutti. Adesso già in due o tre, lo vedete, si tolgono dal simbolo. Adesso qualcuno si accorge che la sacrosanta libertà della rete può ospitare meccanismi di condizionamento e di controllo e che la democrazia è indivisibile e non consente distinzioni fra l’universo materiale e quello immateriale. No, basta! I modelli personalistici, plebiscitari e populisti l’Italia li ha già pagati abbastanza e non deve pagarli di più! Sono modelli per cui qualcuno suona il piffero (mediamente un miliardario) e il popolo è a seguire. O modelli nuovi in cui qualcuno comanda stando in un tabernacolo e non rispondendo a nessuno. Modelli in cui non c’è più nè destra nè sinistra, in cui non c’è più la critica ma c’è lo sputo, c’è la pretesa di aver il monopolio della morale, c’è la domanda aggressiva ma non c’è mai la risposta seria, vera e concreta. A proposito di chi è nuovo e di chi non lo è, provino a fare come noi: si mettano in gioco con una partecipazione vera, a viso aperto e a faccia a faccia con cittadini veri. E discutano finalmente di Italia con gli italiani in carne ed ossa. Questo saranno le nostre primarie per la scelta del candidato dei progressisti alla guida del governo. Si discuterà di Italia non di noi. Per discutere di noi ci sarà l’anno prossimo un libero congresso. Per discutere dei parlamentari del PD ci saranno forme vere di partecipazione. Non ci sono qui, adesso, bilance, bilancini o tribunali da allestire. Qui si parla di Italia e di come portarla fuori dalle più gravi difficoltà da sessant’anni a questa parte. Di questo si discuterà stringendo un patto non ambiguo con le forze politiche progressiste disposte a costruire un centrosinistra di governo. Le stiamo incontrando in questi giorni. E si discuterà come abbiamo già largamente cominciato a fare con tutte quelle formazioni sociali, civiche, culturali che vorranno darci in piena autonomia il loro contributo davanti ad una politica, la nostra, che rivendica il suo ruolo, assume le sue responsabilità ma riconosce il suo limite. E vogliamo che il grande campo progressista si rivolga in modo aperto a tutte le forze moderate, costituzionali ed europeiste disposte a mettere un argine alle destre e alle tendenze regressive e populiste che minacciano l’Europa e l’Italia, disposte ad impegnarsi per la ricostruzione del Paese e per il rilancio del progetto europeo. 
Ecco allora, Democratiche e Democratici, l’orgoglio e la forza del nostro Partito. La grande stagione dell’Ulivo di Romano Prodi sollevò con le primarie la canzone popolare e annunciò il Partito Democratico. Dal Lingotto ad oggi, in quattro anni la scommessa del Partito Democratico è stata vinta. Tanto, tanto ancora dobbiamo migliorare, tanto ancora dobbiamo crescere. Ma siamo il primo partito del paese, un partito di governo in moltissimi luoghi d’Italia dopo le vittorie amministrative. Il Pd è la speranza di questo paese. Non la tradiremo a cominciare dal rispetto che noi stessi dobbiamo portare verso quello che siamo. Il nostro dibattito deve rafforzare questo rispetto, non indebolirlo. Riconoscendo tutto quello che dovrà migliorare, sta a noi tuttavia trasmettere l’orgoglio e la dignità di quello che siamo. A tentare di demolirci ci pensano gli altri! È il loro mestiere, non è il nostro. Il rinnovamento del nostro partito è una necessità e una straordinaria opportunità. Non è questo in discussione. In discussione sono i criteri, le logiche e i modi di questo rinnovamento. Nelle organizzazioni territoriali del Partito e nelle esperienze di governo locale si è largamente messa in campo e si è sperimentata una generazione nuova. Non abbiamo certo fatto peggio di altre forze politiche né delle imprese, delle banche, delle università o dei giornali di un’Italia che fatica a rinnovarsi. Sarebbe apprezzabile che chi ci fa la morale sul bisogno del nuovo non emettesse sentenze dall’alto della sua inamovibilità! Detto questo, noi siamo adesso in condizione di spingere avanti questo rinnovamento e di portarlo a nuove responsabilità nella politica, nelle istituzioni, e, come tutti vogliamo, nel governo del paese. Chiederò l’impegno e la generosità di tutti perché il processo cammini e io stesso mi faccio garante che dal prossimo anno le responsabilità verranno messe via via e ampiamente sulle spalle della nuova generazione. Siatene certi, questo avverrà. Rinnovare è un fatto generazionale e un fatto di genere, ovviamente, che va tuttavia collegato, altrettanto ovviamente, a criteri di qualità e di merito. Qualità e merito non li stabilisce il Segretario; nemmeno tuttavia li certifica il primo che passa per strada. Qualità e merito li misuri in esperienze vere, là dove sei, esperienze nelle quali si siano potute riconoscere capacità, competenza e generosità verso l’interesse collettivo. Questa è la politica, questa è la politica che propone il Pd a chi vuole impegnarsi; questo è quello che stiamo proponendo a duemila giovani del sud in formazione da mesi. Questo è quello che stiamo proponendo all’organizzazione dei Giovani Democratici che sono qui con noi e che saluto. Generosità vuol dire una cosa semplice. Prima c’è l’Italia, poi c’è il Pd e il suo progetto per l’Italia poi ci sono le ambizioni personali. Questo vale per tutti, a cominciare dal Segretario, che anche per questo non ha voluto mettere se stesso al riparo di una regola. E con la stessa determinazione ripeto quel che ho già detto: la ruota girerà ma nel rispetto di tutti, di tutti quelli che ci hanno portati fin qui, di quelli che hanno avuto la forza di portarci in Europa e di immaginare e costruire quel nuovo partito dei riformisti che noi siamo oggi. I principi che ho richiamato e che riguardano il senso stesso della politica devono accomunarci tutti; tutti, comunque la pensiamo, se vogliamo che chi è lontano dalla politica o addirittura la disprezza abbia almeno il sospetto, il dubbio che una politica seria ed onesta possa esserci e che il Pd possa essere il barlume di speranza di quella politica.

Dunque, da Reggio Emilia un messaggio di forza, di responsabilità, di unità del Partito Democratico; un messaggio di coraggio di un partito che si mette in gioco perché si riduca l’inimicizia fra politica e società; una richiesta di fiducia verso un partito che ha in testa una cosa sola: dare una mano all’Italia. Ma da Reggio Emilia anche un richiamo fermo e forte alla responsabilità e all’unità del Partito Democratico; un richiamo che sono certo voi condividete; perché tutti, ma proprio tutti dobbiamo avere cura del bene comune che è il PD, della speranza per l’Italia che è il PD.

Care Democratiche, cari Democratici,
Cari amici e compagni,
via dunque le incertezze, via le titubanze, via i timori su questo o quel passaggio che ci sta davanti. Da domani si parte. Noi non abbiamo paura. Di che cosa mai dovremmo avere paura? Siamo molto più forti di quello che pensiamo noi stessi! Sappiamo quello che vogliamo. E per quello che è ancora incerto, per quello che non vediamo ancora chiaro del futuro, noi la bussola l’abbiamo! Quegli stessi valori a cui, prima di noi, in tanti hanno dato forza, quegli stessi valori ci aiuteranno, ci guideranno. Perché c’è chi ha saputo trovare e dare fiducia, speranze, certezze in tempi ben più drammatici di quelli che viviamo noi.
Dopo tanti decenni in noi suonano ancora le parole semplici e contadine di un grandissimo reggiano, Alcide Cervi che ebbe la forza di dire davanti ai figli morti “dopo un raccolto ne viene un altro, andiamo avanti, andiamo avanti”.

Andiamo avanti, per la ricostruzione, per il cambiamento, per la riscossa dell’Italia. 

Viva il Partito Democratico. Viva l’Italia.


11 SETTEMBRE 2001 - 2011

Gli  attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 causarono circa 3 000 vittime. Nell'attacco alle torri gemelle morirono 2 752 persone, tra queste 343 vigili del fuoco e 60 poliziotti. La maggior parte delle vittime erano civili di 70 diverse nazionalità. 

sabato 8 settembre 2012

FONTANA E PAVESI: LA REGIONE ADERISCA AL PROGETTO VEN.TO

comunicato stampa
FONTANA E PAVESI: LA REGIONE ADERISCA AL PROGETTO VEN.TO: in bicicletta da Venezia a Torino lungo il PO – una ciclabile di 679 km

Il Politecnico di Milano ha presentato un progetto denominato "VenTo", percorso ciclabile da Venezia a Torino lungo il fiume Po passando per Expo 2015. Si tratta di una pista ciclabile di 679 km che potrebbe essere realizzata con l'impegno dello Stato, delle quattro Regioni attraversate dal fiume Po, delle Province, degli enti fluviali, di tutti i Comuni, delle associazioni dei cittadini e delle imprese. I consiglieri regionali del PD hanno chiesto che la Regione Lombardia diventi parte attiva nella realizzazione del progetto VenTo.

“Crediamo nella bontà del progetto e nelle importanti ricadute che avrebbe anche sulla nostra provincia – dicono il segretario provinciale Massimiliano Fontana ed il consigliere regionale PD Giovanni Pavesi - perciò auspichiamo una pronta adesione, anche perchè il percorso proposto può completare ed allargare ulteriormente l'investimento fatto nella nostra provincia sul comparto "reti ciclabli a lunga percorrenza" in una integrazione e progettazione dal respiro europeo.
Migliaia potrebbero essere i nuovi flussi di turisti lungo questo tracciato, che diverrebbe il motore per tante economie diffuse e aiuterebbe a far ripartire la crescita. Il progetto ha grandi potenzialità perché collegherebbe diverse città artistiche e perché diventerebbe la spina dorsale centrale del collegamento europeo Eurovelo 8 che unisce la Spagna con l’Ucraina. Un bel cambio di passo che smarcherebbe il tema della ciclabilità da locale a globale. Inoltre, questa infrastruttura farebbe da volano per l’economia e per il turismo lombardo, valorizzerebbe l’immagine della Regione e sarebbe coerente con lo spirito di sostenibilità che Expo 2015 dovrebbe mostrare”.

L’Assessore regionale Raffaele Cattaneo, rispondendo in consiglio regionale all'interrogazione presentata dal PD sul progetto VenTo, si è reso disponibile e ha annunciato che il 19 settembre la Regione incontrerà i rappresentanti del Politecnico di Milano. 

“Sarebbe opportuno che la Regione si facesse carico del coordinamento e della pianificazione per la realizzazione della ciclovia – aggiunge Fontana - e sollecitasse la progettualità sovra regionale e interregionale. Ci auguriamo vi sia una spinta propulsiva da parte della Regione e sollecitiamo la partecipazione dei comuni lombardi interessati dal tracciato. Sarebbe un peccato non cogliere quest’occasione”.